Ti amo per come sei, non per quello che fai

Ti amo per come sei, non per quello che fai. A volte non bastano neppure due vite per capirlo, altre volte ti sorprendi a dirlo, semplicemente, naturalmente, come una certezza che hai integrata dentro.

Mi è successo stamane. Ho portato a due persone a cui voglio bene un piccolo dono; piccolo e pieno di significato. Non se lo aspettavano e si sono emozionati. Uno dei due ha detto “Ma allora ci vuoi proprio bene!?”. “Sì”, ho risposto. E l’altro “Ma non facciamo niente…”. Ed è lì che mi sono ascoltata: “Io non vi voglio bene per quello che fate, vi voglio bene per quello che siete, per come mi sento quando sono qui”. Ci siamo abbracciati.

Dopo, mentre mi allontanavo per la mia passeggiata, mi sono sentita leggera, piena di energia, libera. Sì, libera dalle aspettative: quelle mie sugli altri, e quelle frutto della percezione -tutta mia, tutta farina del mio bagaglio percettivo – delle aspettative degli altri su di me.

Quelle a cui per decenni mi sono adeguata troppe volte, perdendo di vista me stessa, chi sono, la spontaneità del sentire e dell’amare.

Così, come una mela che dopo una maturazione talora invisibile, cade dall’albero quando è pronta, ho avuto la consapevolezza del senso di un’opera di ricerca, di ascolto e di pratica e sperimentazione di oltre trent’anni.

Le sperimentazioni dell’amare, a partire da tutti gli immancabili conflitti con i miei genitori, alle relazioni, alle amicizie profonde. La ricerca, l’ascolto e la pratica di liberarsi dalle aspettative, dai modelli, dagli schemi, dalle sovrastrutture su ciò che è buono e ciò che non lo è.

Com’è il lavoro “giusto”? Com’è la relazione “giusta”?

Cosa si aspetta lei da me? E lui?

Sono conforme? Ovvero sono di forma uguale e simile … a cosa?

Mi rendo conto, mentre scrivo, che in questo percorso di liberazione progressiva, ci sono stati tre incontri che profondamente mi hanno aiutata: la meditazione, la medicina dell’essere e il coaching.

Cos’hanno in comune?

L’allenamento alla presenza, prima di tutto. La disciplina di stare nel presente (l’unico tempo reale, il dono che ogni giorno ci viene offerto), di sentire, invece che pensare.

La fiducia, gratuita e intensa, nel “campo”, nella vita, nel processo, negli altri e in noi stessi, il che vuol dire -a ben vedere- la fiducia nel tutto di cui siamo parte.

Il distacco dal risultato, un aspetto spesso non compreso, esplicitato ma in realtà non sempre integrato.

E’ proprio in quest’ultimo, nel distacco dal risultato, che mi alleno in questi tempi.

Essere distaccati dal risultato significa non avere aspettative e così godersi il viaggio, quale che sia, dalla quotidiana meditazione ad un’ora di coaching, ad una sessione d’aula, alle relazioni che sostanziano la mia vita.

Questo è l’augurio più bello per i miei clienti di coaching anche, che, almeno in quel tempo insieme, possano sentire che io ci sono per loro, così come sono (loro) e così come sono (io).

Comments

  • Rita

    Bellissima riflessione centrata sul qui ed ora della persona, della vita in generale, delle aspettative che assorbono la vita dimenticandoci di noi stessi o meglio del nostro essere.

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